Milioni di euro per conservare i dati di traffico
Uno studio del Governo olandese conferma i timori degli ISP e le critiche delle autorità di protezione dei dati.
La conservazione indiscriminata dei dati di traffico, compreso quello su Internet, imporrà agli ISP investimenti per decine di milioni di euro, e l’aumento costante del volume di traffico aggraverà ulteriormente la situazione.
Questi i risultati emersi dal primo studio condotto in Europa sui costi legati alla conservazione obbligatoria dei dati di traffico.
Come si ricorderà (v. Newsletter 8 - 14 novembre 2004), è allo studio una proposta del Consiglio UE che prevede la conservazione a priori di tutti i dati di traffico, utilizzati per la fornitura di servizi pubblici di comunicazione ovvero disponibili su reti pubbliche di comunicazione, per un periodo oscillante fra 12 e 36 mesi, ai fini della prevenzione, delle indagini, dell’accertamento e del perseguimento di reati (compresi atti di natura terroristica).
Sulla scorta di tale proposta, il governo olandese ha deciso di valutare i costi attesi e le problematiche connesse, pubblicando i risultati della ricerca alla fine di dicembre 2004.
Lo studio (commissionato ad una società di ricerche, KPMG) compie alcune proiezioni sulla base di dati statistici rilevati a fine 2003, gli ultimi disponibili.
Per quanto riguarda Internet, viene stimato un volume di traffico nei Paesi Bassi di 25 gigabyte/secondo; nell’ipotesi di un periodo di conservazione compreso fra 12 e 24 mesi, i costi di investimento iniziale sarebbero pari a 15-20 milioni di euro se la conservazione fosse affidata agli ISP stessi, scendendo a 7-10 milioni di euro se gli ISP trasferissero i dati di traffico alle autorità competenti che si occuperebbero della successiva elaborazione.
In realtà, come fanno notare gli autori dello studio, si tratta di stime inferiori al reale, visto che nel corso del 2004 i volumi di traffico Internet nei Paesi Bassi sono complessivamente raddoppiati secondo quanto indicato dall’Amsterdam Internet Exchange.
Inoltre, nello studio non si tiene conto di tutti i tipi di traffico attualmente effettuati via Internet (ad esempio, non sono presi in considerazione lo scaricamento di file dagli archivi dei provider, o le attività di file-sharing fra clienti dello stesso provider).
Ricordiamo che la proposta del Consiglio ha ricevuto negli scorsi mesi numerose critiche; quelle mosse dagli ISP trovano ulteriore conferma nelle risultanze dello studio commissionato dal governo olandese, e si aggiungono a quelle avanzate dalle autorità di protezione dati nel Parere 9/2004 adottato il 9 novembre scorso.
I Garanti hanno richiamato, in particolare, la necessità di rispettare i principi fondamentali della direttiva europea sulla protezione dei dati (proporzionalità, pertinenza, finalità specifica) nel gestire la conservazione dei dati di traffico anche per finalità giudiziarie o di polizia; inoltre, hanno sottolineato che l’approccio proposto nel documento del Consiglio trasformerebbe un’eccezione (la sorveglianza delle (tele)comunicazioni) in una regola: tutti gli utenti, e non solo i potenziali sospetti o i criminali, ne sarebbero coinvolti in modo chiaramente sproporzionato e lesivo, inoltre, del principio di rispetto per la vita privata sancito dalla Convenzione europea dei diritti umani (art. 8).
La conservazione indiscriminata dei dati di traffico, compreso quello su Internet, imporrà agli ISP investimenti per decine di milioni di euro, e l’aumento costante del volume di traffico aggraverà ulteriormente la situazione.
Questi i risultati emersi dal primo studio condotto in Europa sui costi legati alla conservazione obbligatoria dei dati di traffico.
Come si ricorderà (v. Newsletter 8 - 14 novembre 2004), è allo studio una proposta del Consiglio UE che prevede la conservazione a priori di tutti i dati di traffico, utilizzati per la fornitura di servizi pubblici di comunicazione ovvero disponibili su reti pubbliche di comunicazione, per un periodo oscillante fra 12 e 36 mesi, ai fini della prevenzione, delle indagini, dell’accertamento e del perseguimento di reati (compresi atti di natura terroristica).
Sulla scorta di tale proposta, il governo olandese ha deciso di valutare i costi attesi e le problematiche connesse, pubblicando i risultati della ricerca alla fine di dicembre 2004.
Lo studio (commissionato ad una società di ricerche, KPMG) compie alcune proiezioni sulla base di dati statistici rilevati a fine 2003, gli ultimi disponibili.
Per quanto riguarda Internet, viene stimato un volume di traffico nei Paesi Bassi di 25 gigabyte/secondo; nell’ipotesi di un periodo di conservazione compreso fra 12 e 24 mesi, i costi di investimento iniziale sarebbero pari a 15-20 milioni di euro se la conservazione fosse affidata agli ISP stessi, scendendo a 7-10 milioni di euro se gli ISP trasferissero i dati di traffico alle autorità competenti che si occuperebbero della successiva elaborazione.
In realtà, come fanno notare gli autori dello studio, si tratta di stime inferiori al reale, visto che nel corso del 2004 i volumi di traffico Internet nei Paesi Bassi sono complessivamente raddoppiati secondo quanto indicato dall’Amsterdam Internet Exchange.
Inoltre, nello studio non si tiene conto di tutti i tipi di traffico attualmente effettuati via Internet (ad esempio, non sono presi in considerazione lo scaricamento di file dagli archivi dei provider, o le attività di file-sharing fra clienti dello stesso provider).
Ricordiamo che la proposta del Consiglio ha ricevuto negli scorsi mesi numerose critiche; quelle mosse dagli ISP trovano ulteriore conferma nelle risultanze dello studio commissionato dal governo olandese, e si aggiungono a quelle avanzate dalle autorità di protezione dati nel Parere 9/2004 adottato il 9 novembre scorso.
I Garanti hanno richiamato, in particolare, la necessità di rispettare i principi fondamentali della direttiva europea sulla protezione dei dati (proporzionalità, pertinenza, finalità specifica) nel gestire la conservazione dei dati di traffico anche per finalità giudiziarie o di polizia; inoltre, hanno sottolineato che l’approccio proposto nel documento del Consiglio trasformerebbe un’eccezione (la sorveglianza delle (tele)comunicazioni) in una regola: tutti gli utenti, e non solo i potenziali sospetti o i criminali, ne sarebbero coinvolti in modo chiaramente sproporzionato e lesivo, inoltre, del principio di rispetto per la vita privata sancito dalla Convenzione europea dei diritti umani (art. 8).