ORDINANZA N.379 composta dai signori:
ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimità costituzionale dellart. 22, comma 1-bis, della legge 31 dicembre 1996, n. 675 (Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali), introdotto dallart. 5, comma 1, del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 135 (Disposizioni integrative della legge 31 dicembre 1996, n. 675, sul trattamento di dati sensibili da parte dei soggetti pubblici), promosso con ordinanza emessa il 14 febbraio 2000 dal Tribunale di Firenze sezione distaccata di Pontassieve nel procedimento civile vertente tra V. M. e la Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova, iscritta al n. 347 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dellanno 2000. Visti latto di costituzione della Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova nonché latto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nelludienza pubblica del 6 novembre 2001 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky; uditi gli avvocati Stefano Grassi e Gustavo Visentini per la Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova e lavvocato dello Stato Ignazio F. Caramazza per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto che con ordinanza del 14 febbraio 2000 il Tribunale di Firenze - sezione distaccata di Pontassieve, nel corso di un giudizio promosso, a norma dellart. 700 cod. proc. civ., con ricorso di una persona aderente alla Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova nei confronti della medesima Congregazione, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 8, primo comma, e 19 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dellart. 22, comma 1-bis, della legge 31 dicembre 1996, n. 675 (Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali), introdotto dallart. 5, comma 1, del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 135 (Disposizioni integrative della legge 31 dicembre 1996, n. 675, sul trattamento di dati sensibili da parte dei soggetti pubblici), che dispone che il trattamento dei dati personali relativi agli aderenti alle confessioni religiose i cui rapporti con lo Stato siano regolati da accordi o intese ai sensi degli artt. 7 e 8 della Costituzione, da parte delle stesse confessioni, non sia subordinato né al consenso scritto dellinteressato né alla preventiva autorizzazione del Garante, al contrario di quanto dispone in via generale il comma 1 dellart. 22 della legge n. 675 del 1996, che viceversa richiede entrambi i suddetti requisiti perché possano essere oggetto di trattamento, tra gli altri, i "dati personali idonei a rivelare [. . .] le convinzioni religiose", o "ladesione a [. . .] associazioni od organizzazioni a carattere religioso"; che la ricorrente ha chiamato in giudizio la Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova perché venga accertato che, in qualità di aderente a tale confessione, non è tenuta a prestare il consenso scritto ai fini del trattamento dei dati personali; che, secondo il rimettente, lart. 22, comma 1-bis, della legge n. 675 del 1996 fa obbligo alla Congregazione convenuta, per poter procedere al trattamento dei dati personali del proprio aderente, di acquisire il consenso scritto dellinteressato e la preventiva autorizzazione del Garante per la protezione dei dati personali, in quanto si tratta di confessione religiosa i cui rapporti con lo Stato italiano non sono regolati da intese o accordi ai sensi degli artt. 7 e 8 della Costituzione; che alla stregua dellanzidetta disciplina, poiché risulta che la Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova non ha concluso alcuna intesa con lo Stato italiano secondo l'art. 8 della Costituzione, il ricorso dovrebbe essere rigettato; che pertanto il dubbio di costituzionalità della normativa in questione sarebbe rilevante perché attiene al presupposto del giudizio di merito, nel quale si controverte dei rapporti tra una confessione e un suo aderente, e per la soluzione del quale - sempre ad avviso del rimettente è "necessario che sia decisa [. . .] la questione se la disposizione dellart. 22, comma 1-bis, della legge, che pone concretamente la differenza tra le confessioni religiose per quanto attiene al trattamento dei dati personali degli aderenti, tra quelle che hanno concluso intese con lo Stato e quelle che non lo hanno fatto, violi o meno le norme e i principi costituzionali" invocati; che, nel merito, il Tribunale ritiene che la norma denunciata, in quanto esonera le sole confessioni titolari di intesa dallacquisizione sia del previo consenso scritto dellappartenente sia dellautorizzazione del Garante, ai fini del trattamento dei dati personali, pone le confessioni religiose che non hanno concluso unintesa con lo Stato in una "posizione di minore considerazione" rispetto a quelle che invece unintesa abbiano concluso, determinando in tal modo, in danno delle prime, una compressione della libertà di esercitare lattività pastorale e spirituale nei confronti degli adepti; che sotto questo profilo, pur essendo dettata dallintento di apprestare una maggiore tutela della riservatezza dei dati personali degli aderenti, la norma in questione si tradurrebbe in una violazione (a) della pari libertà delle confessioni garantita dallart. 8 della Costituzione, (b) del principio di uguaglianza (art. 3) per i singoli aderenti, a seconda dellesistenza o meno di unintesa tra la confessione di appartenenza e lo Stato, e (c) del diritto di esercizio della libertà religiosa, individuale e collettiva (art. 19); che, infine, il giudice a quo desume argomenti, a sostegno della valutazione di non manifesta infondatezza della questione, dalla sentenza della Corte costituzionale n. 195 del 1993, in cui è stata dichiarata lillegittimità costituzionale di una disciplina legislativa regionale che individuava nelle sole confessioni che avessero concluso intese con lo Stato i destinatari privilegiati di interventi regionali di sostegno economico; che si è costituita nel giudizio così promosso la Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova che, nella memoria di costituzione, previa ampia ricostruzione del quadro normativo nonché dei provvedimenti adottati in materia dal Garante e facendo richiamo a diversi precedenti della giurisprudenza costituzionale, ha sottolineato come linnovazione legislativa di favore per le confessioni con intesa di cui al comma 1-bis dellart. 22 abbia determinato una "inammissibile penalizzazione" per le altre confessioni, finendo così per produrre una disparità di trattamento che, oltre a essere ingiustificata alla stregua del parametro delluguaglianza nellesercizio dei diritti di libertà religiosa, si porrebbe anche in contraddizione con la normativa comunitaria di cui la legge n. 675 del 1996 costituisce attuazione, concludendo per laccoglimento della questione sollevata; che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dallAvvocatura generale dello Stato; che secondo lAvvocatura la questione sarebbe inammissibile - per un triplice ordine di rilievi: (a) per "assenza di una lite reale fra ricorrente e resistente i cui interessi coincidono", ciò che sarebbe dimostrato dalla comunanza di opinioni tra le parti sulla questione sollevata, (b) per perplessità dellordinanza di rimessione circa il verso della pronuncia richiesta, se cioè rivolta a estendere la garanzia individuale del consenso scritto dellinteressato anche alle confessioni con intesa ovvero se rivolta a escluderlo per tutte le confessioni, e (c) per insufficiente esposizione dei fatti dedotti nel giudizio di merito, in particolare quanto allessere stato effettivamente prestato il consenso di cui si tratta e comunque, nel merito, infondata, rappresentando la scelta legislativa censurata lo strumento con il quale vengono assicurate le "idonee garanzie" richieste anche in sede comunitaria in relazione al trattamento di dati idonei a rivelare i convincimenti religiosi dei singoli; che in prossimità delludienza la Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova ha depositato una memoria integrativa nella quale, adducendo argomenti in senso contrario alle eccezioni di inammissibilità dellAvvocatura dello Stato, e ulteriormente sviluppando i contenuti dellatto di costituzione in giudizio, ha insistito per laccoglimento della questione. Considerato che il giudice rimettente, con ricorso a norma dellart. 700 cod. proc. civ., è chiamato ad accertare che la ricorrente aderente alla Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova non è tenuta a prestare il consenso scritto per il trattamento dei dati personali richiesto dalla Congregazione medesima, secondo quanto previsto dallart. 22 della legge 31 dicembre 1996, n. 675 (Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali); che dal menzionato art. 22 risulta un doppio regime di trattamento dei dati personali idonei a rivelare ladesione ad associazioni od organizzazioni a carattere religioso, risultante dal comma 1 e dal comma 1-bis; che, precisamente, (a) il comma 1, con riguardo al trattamento dei dati personali idonei a rivelare ladesione ad associazioni od organizzazioni a carattere religioso, prevede il consenso scritto dellinteressato e la previa autorizzazione del Garante per la protezione dei dati personali, mentre (b) il comma 1-bis esonera dallapplicazione della disciplina del comma 1 il trattamento dei dati relativi ai loro aderenti, operato dalle confessioni religiose i cui rapporti con lo Stato siano regolati da accordi o intese ai sensi degli artt. 7 e 8 della Costituzione, sempre che tali dati non siano comunicati o diffusi fuori delle medesime confessioni (tenute inoltre a determinare "idonee garanzie" relative ai trattamenti effettuati); che il giudice rimettente - dubitando che tale doppio regime, dalla legge fatto seguire alla circostanza che le confessioni religiose non abbiano o abbiano regolato i loro rapporti con lo Stato tramite accordi o intese, determini una disparità di trattamento non giustificata, cioè una discriminazione, con violazione degli artt. 3, 8, primo comma, e 19 della Costituzione solleva questione di legittimità costituzionale del comma 1-bis dellart. 22 in questione; che il trattamento dei dati relativi ai propri aderenti da parte della Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova ente di culto dotato di personalità giuridica (d.P.R. 31 ottobre 1986, n. 783), i cui rapporti con lo Stato non sono a oggi regolati da intesa (non essendo stata tradotta in legge lintesa sottoscritta il 20 marzo 2000) ricade nella previsione del comma 1 dellart. 22, norma di cui il giudice rimettente è chiamato a fare applicazione; che, tuttavia, la questione di costituzionalità è stata sollevata non sul comma 1, bensì sul comma 1-bis dellart. 22, investendo così la norma che determina, ad avviso del rimettente, la discriminazione denunciata ma non la norma che trova applicazione a riguardo delle confessioni religiose i cui rapporti con lo Stato non sono regolati in base a intese e quindi a riguardo della Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova, e la cui eventuale dichiarazione dincostituzionalità non avrebbe altro effetto che di generalizzare la portata della norma già applicabile nel giudizio davanti al giudice rimettente, cosicché la pronuncia della Corte non potrebbe determinare alcuna conseguenza in questultimo; che, pur avendo la difesa della Congregazione avanzato un modo dintendere la questione come rivolta invece a ottenere lestensione della norma dettata per le confessioni i cui rapporti con lo Stato sono regolati da intese - cioè del comma 1-bis - a quelle che non lo sono, e quindi anche alla Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova, i termini della questione sono quelli fissati dallordinanza di rimessione (art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87) e che, comunque, anche secondo questa ri-configurazione della questione, essa non varrebbe comunque a investire il comma 1 dellart. 22, cioè la previsione normativa nella quale rientra la fattispecie sulla quale il giudice rimettente è chiamato a pronunciarsi; che pertanto la questione di legittimità costituzionale, così come configurata, è manifestamente irrilevante nel giudizio dal quale essa è stata promossa. PER QUESTI MOTIVI dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dellart. 22, comma 1-bis, della legge 31 dicembre 1996, n. 675 (Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali), introdotto dallart. 5, comma 1, del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 135 (Disposizioni integrative della legge 31 dicembre 1996, n. 675, sul trattamento di dati sensibili da parte dei soggetti pubblici), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 8, primo comma, e 19 della Costituzione, dal Tribunale di Firenze sezione distaccata di Pontassieve, con lordinanza indicata in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 novembre 2001. Cesare RUPERTO, Presidente Depositata in Cancelleria il 28 novembre 2001. |
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